Paralimpiadi e definizione di sportivo come soggetto disabile
La Regione Veneto, con DGR n.3953/01 ”Attività di integrazione sociale a favore delle persone con disabilità: avvio di progetti territoriali da parte dei Comuni e dell’ULSS” ha promosso la diffusione di una progettualità territoriale volta ad accrescere la partecipazione e l’integrazione sociale delle persone con disabilità non solo relativamente al tempo libero, ma sostenendo iniziative per estendere e facilitare la pratica di attività sportive e ricreative.
Ad oggi, infatti, la presenza nel mondo di soggetti disabili è stimata dal Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) in circa 500 milioni di persone, che presentano difficoltà nell’espletare almeno una delle attività che caratterizzano la vita quotidiana.
Un’analisi dell’ISTAT risalente all’anno 2000 ha rilevato la presenza in Italia di oltre 650.000 disabili compresi nella fascia d’età tra i 6 ed i 64 anni, escludendo i soggetti ricoverati in qualsiasi tipo di struttura. Almeno il 45% di questi praticano un qualche tipo di attività fisica sia a scopi riabilitativi che come sport vero e proprio e, tra questi, sono compresi i disabili che seguono un’attività agonistica organizzata (gli iscritti alla Federazione Italiana Sport Disabili – FISD – sono 7.000).
Per definire il concetto di “soggetto disabile” bisogna prendere in considerazione tre termini che vengono adottati nella lingua inglese e che comprendono:
• Danno o menomazione
(“Impairment”), che indica genericamente una perdita o anormalità di strutture o funzioni psicologiche a seguito di malattia o lesione.
• Disabilità (“Disability”): avviene a seguito del danno e rappresenta
la restrizione o l’assenza della capacità a svolgere un’attività normalmente eseguita
da un soggetto non disabile.
• Handicap è una fase ulteriore che implica uno svantaggio che limita o impedisce il
completamento di un ruolo ritenuto normale per una persona non disabile.
Queste definizioni sono assai importanti, in quanto il livello di disabilità è calcolato per ogni tipo di sport al fine di permettere al disabile la partecipazione alle gare ufficiali organizzate dalla FISD.
Infatti, all’interno di alcuni tipi di sport possono partecipare atleti con differenti “impairment”, in altri partecipano solo atleti con lo stesso tipo di “impairment” ma con un differente grado di disabilità.
In tutti i casi esiste un sistema di classificazione teso a garantire che le gare si possano svolgere in maniera leale e che tutti, indipendentemente dal livello di disabilità, abbiano le stesse possibilità di gareggiare con successo.
La gamma di sport ai quali possono partecipare i disabili anche a livello agonistico è estremamente vasta (20 sport estivi e 6 invernali) e la maggior parte di questi sono esattamente uguali agli sport Olimpici, hanno cioè le stesse regole ed utilizzano lo stesso campo da gioco.
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un incremento esponenziale del numero di atleti disabili che partecipano ad eventi sportivi e le “Paralimpiadi” sono diventate una realtà attuale e stimolante al pari dei Giochi Olimpici per persone non disabili: vengono effettuate nello stesso luogo, negli stessi stadi e campi sportivi e nel medesimo periodo (solamente circa 15 giorni dopo).
A Sidney (nel 2000) hanno partecipato 4.000 atleti disabili, contro i 3.200 della precedente edizione, con una rappresentanza di 127 nazioni; a Salt Lake City (Olimpiadi Invernali del 2002) furono ben 134 le nazioni presenti; a Roma (1960) si presentarono solo 400 atleti mielolesi!
Questo incremento riconosce almeno tre fattori importanti:
- l’estensione dell’attività agonistica a tutte le tipologie di disabilità (non solo mielolesi, quindi);
- l’allungamento dell’aspettativa di vita dei disabili;
- l’aumento delle opportunità di praticare attività fisica o uno sport vero e proprio.
Quanto viene affermato da tempo per i soggetti non disabili circa i benefici dell’attività motoria risulta ancora più evidente nella persona disabile con un effetto preventivo assai marcato sull’indebolimento e sull’atrofia muscolare, sul decadimento delle funzioni cardiocircolatorie ed endocrine, oltre alla benefica astensione da abitudini dannose quali l’alcolismo, il tabagismo, l’incremento di peso da errata alimentazione.
La sedentarietà è una naturale evoluzione dell’”Impairment” e della “Disabilità” ed il rischio di un ulteriore deterioramento dello stato di salute e della stessa qualità di vita vengono efficacemente combattuti dall’esercizio fisico.
Non ultimo va menzionato come la partecipazione ad eventi sportivi o alla semplice, regolare attività motoria si associa a benefici effetti psicologici che si manifestano con un notevole miglioramento di autostima e di percezione della propria immagine.
Un discorso a parte merita l’attività fisica-sportiva di soggetti con disabilità mentale di vario tipo: questa è stata considerata fino a pochi anni fa come un’attività essenzialmente ludica.
Senza dubbio ciò ha permesso un notevole grado di socializzazione e di inserimento di questi soggetti e, spesso, delle loro famiglie, ma l’argomento è in continuo dibattito.
L’incremento delle conoscenze sulle risposte fisiologiche dei disabili mentali di grado lieve e senza alterazioni patologiche a carico di organi ed apparati, ha permesso di sottoporli ad esercizi motori o sportivi intensi e faticosi, fugando molti timori legati alla scarsa sopportazione, comprensione ed accettazione da parte degli stessi di questa attività.
Alle prossime Paralimpiadi di Atene i disabili con ritardo mentale potranno partecipare nell’ambito di sport dimostrativi.
La tutela sanitaria dell’atleta disabile viene prevista dal Decreto Ministeriale del 4/3/1993 che definisce le procedure per la visita di idoneità allo sport agonistico e stabilisce le controindicazioni in presenza di fattori di rischio, ossia di danno potenziale alla salute, così come avviene per i normodotati.
Per contro, la diagnosi di una infermità è ininfluente ai fini del giudizio di idoneità a meno che non presenti caratteristiche suscettibili di una evoluzione peggiorativa.
Nell’ambito della nostra Regione, (DGR 3953/2001) la nostra Azienda ha avviato allo sport un certo numero di ragazzi affetti da vari gradi di disabilità motoria e mentale.
Il progetto ha visto una lunga fase di preparazione e selezione iniziale tramite la stretta collaborazione dell’U.O. di Medicina dello Sport e dell’U.O. di Neuropsichiatria Infantile e, a tutt’oggi, sono stati avviati alla prima selezione “sul campo” (piscina) 27 persone con disabilità con il fine di allestire come primo punto di arrivo una squadra di pallanuoto con regole e campo di gioco adattate alle esigenze dei ragazzi.
(Articolo tratto dalla rivista della Federazione Medico Sportiva Italiana “MED SPORT 2003”).